Funamboli.
In equilibrio.
In bilico.
Sospesi.
In quel “tra”.
Su quella corda che è il cammino.
Tra il respiro e l’azione.
Davide Zizza (inedito)
"Scrivere è affrontare un volto sconosciuto" (Edmond Jabès)
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Funamboli.
In equilibrio.
In bilico.
Sospesi.
In quel “tra”.
Su quella corda che è il cammino.
Tra il respiro e l’azione.
Davide Zizza (inedito)
Dopo la raccolta Ruah (Edizioni Ensemble, 2016), finalista nel 2018 al noto Premio Acqui Terme (che annovera, fra i premiati alla carriera, scrittori e intellettuali come Luciano Canfora), e secondo posto al Premio Aoros, il poeta crotonese Davide Zizza torna a distanza di quattro anni con una nuova raccolta di versi intitolata Piccolo taccuino occasionale, edita per i tipi delle Edizioni Ensemble. Un libretto fatto di osservazione e silenzio in cui lo sguardo sul tempo e sulla quotidianità si mescola alla riflessione sulla scrittura, uno dei temi persistenti della sua poetica. Un libro dell’ascolto e sull’ascolto in cui si fa nuovamente viva la necessità di un’attenzione verso la lentezza dei momenti, di una meditazione che possa ridare, nel “nitore dell’immagine”, quel sereno stupore che dà senso ai giorni.
(fonte: Il Crotonese, venerdì 31 gennaio 2020).
Il libro è disponibile in tutte le librerie e nelle librerie online: IBS, Amazon, Mondadori Store, La Feltrinelli, Libreria universitaria.
Il 12 novembre 2016 alle ore 17.00 presso il Museo Civico del Castello Carlo V, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Crotone, si terrà la presentazione della raccolta di poesie di Davide Zizza, Ruah.
Incontro con l’autore
Saluti:
Antonella Cosentino – assessore alla Cultura del Comune di Crotone
Intervento:
Antonietta Gnerre – poetessa – critico letterario, presidente del premio Prata
Modera: Francesco Vignis
La mia nuova raccolta poetica, con la prefazione di Enrico Testa, pubblicata da Edizioni Ensemble
Overland
«Overland route» – segna il cartello.
Abbiamo tutti raggiunto un overland
partendo dal passato.
Significa aver toccato un confine,
un frutto proibito, un senso di Dio.
Via terra. O tramite una via, una delle tante
su questa terra.
È muoversi da se stessi, fugare da un centro
per poi colpirlo –
scala di dolore, scuola della coscienza.
Solo l’orizzonte cambia il colore degli occhi,
ogni cosa diviene silenzio e stupore;
camminare un finale aperto –
storia che narra un’antica ferita.
© Davide Zizza
by
(aprile 2014)
Il tempo è una ferita
che unisce due oceani:
i giorni e la memoria.
Sto qui, nel mezzo,
su questa cerniera,
al margine fra
l’azione e il ricordo.
E guardo, guardo
quest’orizzonte
di dolore e consolazione
passarmi davanti,
e il pensiero s’attarda
sull’attimo
come una persona sul balcone
s’attarda ad osservare.
Appunti di moleskine
La moleskine e le poesie di Walcott in cucina:
oggi leggo e scrivo qui, con l’affacciata ad est,
e mi abbandono un po’, dimenticandomi –
fuori il feroce Minosse si è calmato, la pietà del clima ironizza
una frescura fuori stagione;
ritorno alle mie pagine, cerco un finale per un articolo,
la fuga della penna testimonia un silenzio che non so dire;
mi restituisce questa prosa una quotidianità già conosciuta,
ha sapore di terra e di carta questa lotta –
puntualmente persa – della parola che non tiene.
Inatteso
L’aria frizzante è un invito; abbraccio l’iperborea luce
nell’aurora, mentre sento da un balcone più in là un inatteso
Bach (suite numero 1) eseguito da Feeley – il momento sembra rilasciare
sentori che arrotondano le spine dei giorni.
Cambio mente ad ogni passaggio di ora, restando uguale.
Chiuso nel tempo della parola, per ora non so desiderare
altro che fondere il pensiero
con le note di questa suite che albeggia di là
due vicoli, più oltre.
Faccio in modo che rimanga qualcosa nel fondo
Faccio in modo che rimanga qualcosa nel fondo
del mio occhio, che la retina possa catturare situazioni, colori
ambienti e stati d’animo
perché qualcosa rimanga – residuo, voce, ossidazione del tempo –
da disseppellire dal fondo del mio ippocampo.
Guardo mia moglie dormire, e la sua figura attuale
fa rimbalzare nella mente sorrisi da bar,
noi all’epoca già vecchi fidanzati di gioventù.
La voce del tempo diventa allora un sapore di vento
che percorre immagini sovrapposte come abbagli,
epifanie, le uniche vere pupille
quando la verità recupera il suo silenzio.
© Davide Zizza
(apparse su Poetarum Silva, 10 febbraio 2013)
Tiredness
If I feel the tiredness of the days
falling over me like an unfinished writing,
the sensation is a laissez-faire will,
hours and moments may take a path
I wouldn’t know,
without desire for control, without
notes, dates, appointments
I would willingly miss.
Like a stop across the street,
over there I fall in the temptation of march,
in its Sun that postpones
a wandering spring:
across the equinox I try to find a shelter
to make the moment slow and, smiling, I beg
the day to give its poetry.
Tiredness
Se sento la stanchezza dei giorni
cadermi addosso come uno scritto incompleto,
la sensazione è voler lasciare
le ore e i momenti prendere una strada imprevista
che non saprei,
senza il controllo della volontà
o delle note o degli impegni o degli appuntamenti
che volentieri vorrei mancare.
Come a uno stop di là al prossimo
isolato – laggiù cedo alla tentazione di marzo
e al suo sole che posticipa
una primavera nomade;
all’incrocio dell’equinozio cerco un rifugio,
per rallentare il momento e mendicare
con un sorriso che il giorno doni la sua poesia.
© Davide Zizza
(apparsa sulla Rivista Samgha, 4 dicembre 2013)
Faceva eco
un soffio celtico
che portava il ricordo,
un canto sibillino
di punte aguzze e di
odorosi prati.
Argento e cielo fuso
formarono la pioggia
del ritorno – la senti?
Mangia, l’odore di terra
è un pasto
per le tue nari.
Una macchia verde –
estesa simili a distanze d’occhio –
riporta le orme
della storia. Qui è altezza:
è ritrovarsi.
Il suo respiro è freddo,
il suo silenzio è
la voce della montagna.
Il suo alfabeto
è l’epigrafico indovinello.
La runa – magia
dei giorni, mitologia
del tempo sospeso
fra l’alfabeto e la quercia.
Il respiro delle acque
scioglie la neve,
non c’è più dolore –
dove la quiete allarga le nuvole
la parola svela la sua pace.
© Davide Zizza
(apparsa insieme ad altre poesie sulla Rivista L’Estroverso, 16 febbraio 2013, con una nota del poeta e critico Luigi Carotenuto)